Il tribunale amministrativo regionale Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 2968/2000 proposto da Forti Marco e Forti Roberto, rappresentati e difesi dagli avv. Franco B. Campagni e Raffaello Astorri, con loro elettivamente domiciliati, in Firenze, via del Corso 1; Contro il comune di Porto Azzurro, in persona del sindaco pro tempore, non costituitosi in giudizio; Per l'annullamento del provvedimento a firma del dirigente settore urbanistica ed edilizia del comune di Porto Azzurro n. 54 del 4 ottobre 2000 recante ingiunzione di demolizione di opere edilizie ritenute abusivamente realizzate. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto, in particolare, l'istanza cautelare di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato; Visti gli atti tutti della causa; Udito, alla odierna camera di consiglio di trattazione dell'incidente cautelare relatore il consiglieredott. Andrea Migliozzi; Udito, altresi', per le parti ricorrenti l'avv. R. Astorri; Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue: F a t t o I ricorrenti, signori Marco e Roberto Forti, espongono di essere comproprietari di un fabbricato per il quale era stata rilasciata da parte del comune di Porto Azzurro la concessione edilizia n. 865 del 26 novembre 1991 per un ampliamento di detto edificio. Successivamente, nel 1996 e nel 1998, venivano assentite, sempre in ordine all'anzidetto fabbricato, alcune opere in variante all'originario progetto. Con provvedimento n. 54 del 4 ottobre 2000 il dirigente del settore urbanistico ed edilizia privata del comune di Porto Azzurro, sul rilievo che erano stati eseguiti lavori in difformita' alla concessione edilizia n. 1127/1998, ingiungeva ai ricorrenti di demolire le opere abusivamente eseguite e di ripristinare lo stato dei luoghi. Gli interessati hanno impugnato tale provvedimento, deducendone la illegittimita' per i seguenti motivi: 1) incompetenza relativa. Violazione e/o falsa applicazione di legge (art. 51, legge n. 142/1990 e art. 31, l.r. Toscana n. 52/1999, principi desumibili) posto che la competenza ad adottare l'atto sanzionatorio de quo spettava unicamente al sindaco e non gia' al dirigente; 2) illegittimita' e/o nullita' per carenza di un elemento essenziale dell'atto amministrativo. Eccesso di potere per inintellegibilita' e per illogicita' in quanto nella parte dispositiva del provvedimento impugnato e' del tutto omessa la descrizione delle opere che si dovrebbe demolire; 3) ulteriore violazione e/o falsa applicazione di legge (art. 3, legge n. 241/1990). Eccesso di potere per omessa e/o insufficiente motivazione; 4) ulteriore violazione e/o falsa applicazione di legge (artt. 7 e 12, legge n. 47/1985; artt. 31 e 36, l.r. Toscana n. 52/1999, principi desumibili). Eccesso di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti ed omessa e/o insufficiente istruttoria; 5) ulteriore violazione e/o falsa applicazione di legge (artt. 7 e 8, legge n. 241/1990; principi desumibili). Eccesso di potere per violazione del c.d. giusto procedimento. D i r i t t o Il collegio, chiamato a pronunciarsi, sia pure in sede di disamina dell'istanza cautelare di sospensione dell'esecuzione, sulla legittimita' o meno del provvedimento del dirigente del comune di Porto Azzurro recante ingiunzione di demolizione di opere ritenute abusivamente eseguite, deve assegnare assoluta priorita' alla censura di incompetenza dedotta nei confronti dell'atto impugnato, col primo mezzo di gravame. In particolare, il suindicato profilo di illegittimita' viene formulato con riferimento a quanto previsto dalla legge regionale della Toscana n. 52 del 14 ottobre 1999, dal titolo "Norme sulle concessioni, le autorizzazioni e le denuncie d'inizio delle attivita' edilizie. Disciplina dei controlli nelle zone soggette a rischio sismico. Disciplina del contributo di concessione. Sanzioni e vigilanza sull'attivita' urbanistico-edilizia. Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 23 maggio 1994, n. 39 e modifica della legge regionale 17 ottobre 1983, n. 69", li' dove, all'art. 31, punto 2, a proposito delle opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformita' o con variazioni essenziali, e' sancito espressamente che: "Il sindaco, accertata l'esecuzione di opere in assenza di concessione, in totale difformita' ovvero con variazioni essenziali determinate ai sensi dell'art. 32, ingiunge la demolizione". Questo giudice dubita della legittimita' costituzionale di tale norma per cui ritiene doverne rimettere d'ufficio l'esame alla Corte costituzionale sotto i profili che seguono. In punto di rilevanza, e' necessario premettere che, dovendosi fare necessariamente applicazione della norma di cui all'art. 31 della l.r. n. 52/1999, per essere stato l'atto impugnato adottato successivamente all'entrata in vigore della suddetta legge, la questione di costituzionalita' della richiamata disposizione legislativa risulta essere del tutto evidente. D'altra parte ancorche' coinvolgente un vizio di natura formale, quale l'individuazione dell'organo o ufficio competente ad adottare il provvedimento qui impugnato, sussiste pur sempre un interesse in capo al ricorrente a veder rimosso, sia pure ai sensi e per gli effetti di cui sopra, l'atto oggetto di gravame. E la questione, otre che rilevante, appare non manifestamente infondata. La legge n. 142 dell'8 giugno 1990 recante la riforma dell'ordinamento delle autonomie locali, ha introdotto il principio della separazione fra attivita' di indirizzo e controllo ed attivita' di gestione, stabilendo, in particolare, all'art. 51, secondo comma, che "i poteri di indirizzo e di controllo spettano agli organi elettivi mentre la gestione amministrativa e' attribuita ai dirigenti". Questa tendenza di separazione tra le competenze in tema di indirizzo e di controllo, proprie degli organi politici, e quelle relative all'attivita' di gestione e' stata via via scandita, puntualizzata e resa irreversibile da varie tappe legislative particolarmente significative che possono cosi' riassumersi: a) il d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, che, in evidente attuazione del principio di buona amministrazione ed imparzialita' della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) ha ribadito (art. 3) il principio della necessaria separazione; b) la legge 15 maggio 1997, n. 127, che ha modificato in parte qua l'anzidetto art. 51 della citata legge n. 142/1990 reiterando ancora una volta il principio della separazione ed elencando in via esemplificativa, una serie di materie di natura gestionale ascritte alla competenza funzionale dei vertici burocratici dell'ente; c) il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, che ha espressamente enunciato che tutte le competenze gia' ascritte agli organi di governo devono essere intese ipso iure trasferite all'apparato burocratico; d) la legge 16 giugno 1998, n. 191, che, sempre nel solco della separazione delle competenze, ha integrato la elencazione di cui sopra. Cosi' l'art. 51 citato, come modificato e integrato, individua come competenza dei dirigenti l'adozione di atti che impegnano l'ente all'esterno tra cui (comma 3, lett. f-bis) "tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale nonche' ipotesi di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previste dalla legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale". Il disegno legislativo come sopra delineato, dunque, ha inteso, in modo inequivocabile, affermare due ambiti di potere nettamente distinti di cui uno relativo all'assetto organizzativo dell'amministrazione di guisa che l'adozione degli atti di gestione, provvedimentali o negoziali che siano, deve essere rimessa al soggetto inserito nella struttura burocratica dell'ente, quello stesso che e' abilitato ad attivare il procedimento amministrativo di definizione del rapporto giuridico coinvolgente compiti di gestione e che e' in grado di condurre o coordinare la relativa attivita' istruttoria nonche' di completarla secondo le regole dettate in subjecta materia, ivi compreso, ove possibile, l'esercizio del potere di discrezionalita'. Ma se cosi' e', la norma di cui al punto 2 dell'art. 31 della legge regionale della Toscana n. 52/1999 non puo' andare esente da fumus di incostituzionalita'. Invero, con detta disposizione il legislatore regionale prevede l'assegnazione di una funzione gestionale ad un organo politico (il sindaco, appunto) introducendo una scelta istituzionale ed organizzativa esplicitamente aborrita da una normativa statale di principio quale quella recata dalla legge n. 142/1990, in particolare dall'art. 51 cosi' come successivamente integrato e modificato. E d'altra parte il principio consolidato di separazione, nell'ente locale, tra competenze tecnico-gestionali e quelle di indirizzo costituisce una diretta applicazione del piu' generale principio del buon andamento e imparzialita' dell'amministrazione solennemente sancito dall'art. 97, primo comma, della Costituzione. Ora se e' vero (com'e' vero) che secondo il disegno delineato dalla Costituzione la produzione normativa in materia di organizzazione degli uffici pubblici e' finalizzata ad assicurare il buon andamento e l'imparzialita' dell'amministrazione, determinando, tra l'altro, "le sfere di competenze, le attribuzioni e le responsabilita' proprie dei funzionari (comma 2 dello stesso art. 97), occorre prendere atto che la norma regionale de qua nell'attuare inopinatamente e irrazionalmente una deroga al principio di separazione delle competenze, si pone in contrasto con i dettami di cui all'art. 97 della Costituzione (commi 1 e 2). Ma dalla suindicata norma regionale deriva un ulteriore vulnus ad altri principi costituzionali nei sensi che qui di seguito si vanno ad illustrare. E' noto che gli enti locali godono di un'autonomia costituzionalmente (artt. 5 e 128 Cost.) garantita e nell'ambito di tale autonomia, quella organizzatoria assume una rilevanza particolare, derivante proprio dalla nozione di ente autonomo. Ora nella nozione di organizzazione rientrano la struttura degli uffici, la definizione e ripartizione delle funzioni, non dimenticando che nella materia organizzatoria gli enti locali territoriali godono si' di autonomia, ma non di sovranita' e percio' stesso sono sottoposti a precisi limiti fissati dalla legislazione statale a garanzia dei valori costituzionali dell'unita' della Repubblica, oltreche' dell'eguaglianza dei cittadini e dell'imparzialita' e buon andamento dell'amministrazione. Viene allora in rilievo l'art. 128 della Costituzione secondo cui "le Province e i comuni sono enti autonomi nell'ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica, che ne determinano le funzioni". Spetta dunque, per effetto dell'anzidetta norma costituzionale, al legislatore statale intervenire per dettare con leggi generali i principi nel cui ambito si esplica l'autonomia dell'ente, come ad esempio quello della separazione delle competenze. Alla luce dell'ordito costituzionale e legislativo teste' richiamato, quanto previsto dall'art. 31, punto 2, della legge regionale Toscana n. 52/1999 si configura come una indebita ingerenza nell'esercizio di un potere normativo che in subjecta materia spetta unicamente allo Stato. La Regione Toscana nel sottrarre, con l'anzidetta norma, la competenza all'adozione degli atti di gestione all'apparato burocratico del comune devolvendola al sindaco ha introdotto una modifica legislativa che poteva essere attuata, in ossequio al disposto di cui al citato art. 128 della Costituzione, ad opera di una legge statale, sicche' e' da ritenersi ipotizzabile il contrasto della norma legislativa regionale in questione con il comma di cui all'art. 128 Cost. Per le considerazioni che precedono, dunque, va sollevata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 31 punto 2, della l.r. Toscana n. 52 del 14 ottobre 1999 per contrasto con gli artt. 97 (primo e secondo comma) e 128 della Costituzione, dovendosi, quindi investire il giudice delle leggi delle questioni sopra precisate e disponendo conseguentemente la sospensione del presente giudizio nelle more della pronuncia a rendersi da parte della Consulta.